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Presentazione
Bormio, con le “honorate valli” e i Comuni di Livigno e Sondalo, si incastona nel centro della Alpi non solo nel riferimento geografico, ma anche nella sua profonda tradizione storica di autonomia della gestione delle risorse e del territorio (basti pensare al ruolo avuto in passato dagli Statuti di Valle e dalla millenaria autonomia del Contado).
Con l’avvento della modernizzazione degli anni ’60 ci si è tuffati, giustamente per un verso, nel grembo di altre aspirazioni cresciute attorno al turismo, con tutti gli annessi positivi e negativi: benessere economico, facilità negli spostamenti, sviluppo di sofisticate ed efficaci tecnologie nelle comunicazioni, nuove mode, consumismo sempre più sfrenato…
Per un discorso liberatorio rispetto alle difficoltà del passato, si è inconsciamente ignorato, se non apertamente rifiutato, tutto ciò che sapeva di “vecchio”, alla luce di un sistema di vita migliore. E questo modo di porsi, se giusto da un lato, è risultato fragile per un chiaro smarrimento di una propria identità culturale: le nuove tendenze con i rispettivi valori sono subito apparsi sradicati dalla propria tradizione.
Ma una comunità senza storia avrà difficoltà anche a guardare al proprio futuro. E quindi conoscere, valorizzare la propria memoria collettiva è fondamentale non per cadere nella trappola ottusa del localismo a tutti i costi, ma al contrario per guadagnare, grazie alla storia locale, una prospettiva superiore: capire chi si è, le proprie radici per aprirsi e capire gli altri con tutta la ricchezza delle diversità che ne consegue.
Fortunatamente in questi anni, hanno lodevolmente operato, sullo sfondo di un disinteresse diffuso, appassionati cultori di storia locale, i quali con metodologie e risultati diversi, ma tutti significativi, hanno salvato dall’oblio, dal degrado e forse dalla scomparsa definitiva innumerevoli documentazioni e valide testimonianze.
È stato sull’onda del lavoro di questi studiosi rinvigorito dall’azione generosa di molti giovani che si è sviluppata l’idea della costituzione del Centro Studi Storici Alta Valtellina.
La Comunità Montana ha avuto un ruolo politico-amministrativo di sostegno all’iniziativa. Come chi aiuta la creatura a nascere, una creatura non direttamente sua, ma di coloro che l’hanno ideata e fortemente voluta. E qui i nomi da citare sarebbero veramente tanti, anche perché nel percorso compiuto altri se ne sono aggiunti ed altri si uniranno. Voglio però nominare il Presidente del Centro: don Remo Bracchi, che per i suoi meriti letterari di studioso profondo ed appassionato, si colloca altamente al di sopra delle parti.
Il Centro Studi rientra in un progetto culturale più ampio e globale disegnato dalla Comunità Montana nel suo programma triennale che si sta gradualmente sviluppando attraverso l’organizzazione di un ufficio cultura, la gestione integrata delle sei biblioteche civiche, il recupero, il riordino e la valorizzazione degli archivi (storico, Pretura, Pio Istituto), il progetto “Scuola e territorio” di aggiornamento per gli insegnanti, la diffusione della cultura locale nell’universo giovanile.
Il Centro Studi rappresenta una opportunità ed un riferimento per i tanti appassionati, Non si pone in concorrenza con le apprezzate iniziative già in essere sul territorio (Museo Vallivo di Valfurva, Biblioteca Parrocchiale di Isolaccia, studi e ricerche di persone singole), anzi potrebbe contribuire alla loro valorizzazione, unificando potenzialità creative, energie e risorse finanziarie.
Può dare spazio ai cultori di storia locale, non solo nell’atto della pubblicazione del materiale frutto dei loro studi, ma può diventare un grande tavolo attorno al quale si possono trovare competenze diverse per proficui scambi di idee, di metodologie di lavoro, di coordinamento per nuove e più organiche ricerche.
Una opportunità per tutti, quali possibili fruitori dell’attività del Centro che mi auguro sia ampia e rispondente ai bisogni culturali della popolazione residente e degli ospiti.
Concludo con un’immagine presa dallo scrittore tedesco K. Fina. Egli afferma che i giovani di oggi fanno più fatica di una volta ad interessarsi al passato e si interroga sul perché viene meno quest’attenzione alle proprie radici.
Forse perché – dice – è venuta meno l’esperienza della “grande casa”, quando attorno allo stesso tavolo diverse generazioni sedevano insieme e i giovani avevano modo di vivere profondamente il legame di continuità con la generazione precedente, erano affascinati dai racconti degli anziani e, attraverso queste parole, entravano amorevolmente nel passato.
È con l’auspicio che il Centro Studi possa veramente diventare questa “grande tavola allargata”, attorno alla quale si fa Cultura partendo dalla storia locale, che termino ringraziando tutti quanti hanno creduto nell’iniziativa.
Matteo Colturi
assessore alla Cultura della Comunità Montana Alta Valtellina
alla presentazione della nascita del Cssav nell’autunno 1998