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A CINQUECENTO ANNI DALLA PRIMA GRANDE CACCIA, LE STREGHE SONO TORNATE NEL BORMIESE
A distanza di cinquecento anni dalla prima grande caccia, le streghe sono tornate a infiammare il Bormiese! Presso le Ferriere di Premadio, infatti, nella serata di mercoledì 24 agosto 2016 si è svolto uno spettacolo inusuale e del tutto sperimentale incentrato sulla stregoneria, un fenomeno che ha interessato grandemente l’Alta Valle a partire dal 1485, con l’esecuzione delle prime condanne a morte per tale crimine.
La particolarità di questa proposta – fortemente voluta da Pro Loco e comune di Valdidentro in collaborazione con il Centro Studi Storici Alta Valtellina e lo staff di Ferriere Arte – risiede nell’eccezionale patrimonio storico conservato nei nostri archivi riguardo tale argomento: oltre 5000 documenti che ricostruiscono i processi di stregoneria del Bormiese e tratteggiano il contesto di un’epoca che alle nostre menti potrebbe apparire cupa e barbara, ma che si deve necessariamente interpretare secondo l’ottica dell’uomo medioevale, il cui modo di pensare e di agire era profondamente diverso dal nostro. Alle 21, dunque, si è dato il via alla serata: il locale allestito nella vecchia fornace era gremito di gente assiepata in ogni dove, attratta dalla singolarità dell’evento.
Dopo la presentazioni di rito a cura di Erasmo Schivalocchi (uno degli organizzatori di Ferriere Arte) e i saluti delle autorità intervenute (Raffaele Cola presidente della Comunità Montana Alta Valtellina, Ezio Trabucchi sindaco del comune di Valdidentro), parola ai relatori Lorenza Fumagalli e Ilario Silvestri. La prima ha fornito una breve introduzione sulla storia amministrativa del Contado di Bormio e sulla consistenza patrimoniale documentaria, per rendere consapevole tutto il pubblico dello straordinario archivio storico a nostra disposizione, conservatosi pressoché intatto per circa cinque secoli. Lo storico Silvestri ha intrattenuto il pubblico con una meticolosa esposizione che, partendo dalla genesi stessa della caccia alle streghe sin dai tempi di Hammurabi (XVIII secolo a.c.), si è poi soffermata su alcuni particolari delle persecuzioni avvenute nel Bormiese e su alcuni rituali in cui esse si sono codificate.
Ad esempio il tema della specularità, tipico del mondo delle streghe (il salutarsi con la mano sinistra anziché con la destra, il baciarsi non sulle guance ma sulle natiche, il volo a cavalcioni di una scopa col viso rivolto all’indietro), oppure il significato attribuito alla campana, strumento liturgico (le campane venivano battezzate) e magico allo stesso tempo (si credeva che al suono della campana cessassero i malefici delle streghe): a tale proposito lo storico settecentesco Ignazio Bardea riteneva che il nome della Bajona (la campana della torre di Bormio, così chiamata dal verbo “abbaiare”) fosse stato attribuito proprio dalle streghe in virtù del suo potere di interrompere i malefici. L’uomo medioevale – anche quello più dotto, come Leonardo o Erasmo da Rotterdam – credeva fermamente nel malocchio e nelle sue funeste conseguenze; ecco perché il famoso Malleus Maleficarum, il manuale contro la stregoneria pubblicato nel 1486, ebbe un travolgente successo e divenne il “prontuario” in uso in tutti i tribunali europei preposti ad istruire i processi di stregoneria. In questo ferale vademecum – tra l’altro – il nome di Bormio viene citato per ben tre volte, un “omaggio” tutt’altro che trascurabile che testimonia la rilevanza del piccolo contado Bormiese nel quadro più ampio della stregoneria europea.
Le ondate persecutorie nel nostro territorio furono le seguenti: nel 1485 (le persone giustiziate furono 41), nel 1519, nel 1631 (con 34 streghe condannate) e nel quinquennio 1671-1676. L’ultima strega condannata alla sentenza capitale fu Elisabetta Rocca di Oga nel 1715, mentre l’ultimo processo istruito per tale crimine (ma senza esecuzione) avvenne nel 1718. La Valdidentro, in particolare, aveva una pessima reputazione in fatto di streghe, una credenza in vigore addirittura fino a pochi anni or sono (una testimonianza raccolta a Piatta, infatti, asseriva che la Valdidentro era definita ancora recentemente “la Val de li Stria”); neppure il ceto sociale offriva la certezza di un riparo, infatti nel 1519 venne accusata e processata Giuditta Zenoni, figlia dell’uomo più potente di Bormio (Nicolino Zenoni, amico di Ludovico il Moro), moglie del notaio Giambattista Marioli e diretta discendente degli Alberti di Bormio.
Lo svolgimento dei processi seguiva un rituale piuttosto codificato, di cui siamo a conoscenza grazie alle trascrizioni dei processi e ai protocolli notarili. Ne è stato dato un saggio proprio durante la serata: sei interpreti (Fausto Molinari, Marco Mirabella, Daniela Gurini, Angela Martinelli, Marta Rini, Giulia Sambrizzi) hanno inscenato alcuni momenti del processo alle due Cerighe avvenuto tra il 1630 e il 1631 e conclusosi con la decapitazione delle due malcapitate donne, i cui corpi furono poi arsi sul rogo al Prà della Giustizia. Per offrire un impatto più realistico di tutta la tragica vicenda, gli organizzatori hanno approntato all’esterno della sala-conferenze una vera e propria pira con tanto di fantoccio e rappresentato un immaginario sabba con giochi di fuochi (eseguiti da Michele Codazzi e Giulia Mitta).
Terminata la rievocazione del processo, dunque, il pubblico e gli attori protagonisti sono usciti dalla sala e si sono portati sul luogo dell’esecuzione, dove hanno assistito allo “spettacolo” capitale; una sequenza procedurale non dissimile da quella realmente attuata dai nostri avi, anche se i luoghi deputati – ovviamente – erano diversi: nel palazzo Pretorio si svolgevano gli interrogatori (con tanto di “confortatorio”!), in piazza del Kuerc si dava lettura della sentenza, poi si snodava una folta processione sino alla chiesa di S. Gallo ove si eseguivano le condanne a morte. Il gruppo Musicarte ha dato un contributo decisivo alla riuscita dello spettacolo grazie all’abile mescolanza di teatro, giocoleria e travestimento che hanno creato suggestione e ammaliato il pubblico.
Un’edizione, questa, che ha rappresentato un “progetto-pilota” in previsione di un programma più articolato da promuovere ogni anno sul tema della stregoneria, al cui riguardo il Bormiese ha certamente tanto “da dire e da dare”.
Anna