Bollettino n. 23/2020 - recensione

Bollettino 23

Il Bollettino del 2020 di prossima uscita è particolarmente caro a tutti gli amici del Centro Studi Storici Alta Valtellina: vi compaiono un contributo del compianto don Remo Bracchi, già socio fondatore e presidente dell’associazione, e un altro di Elio Bertolina, altrettanto impagabile e apprezzatissimo collaboratore; due figure che hanno lasciato un vuoto incolmabile nel mondo culturale e negli studiosi che li hanno potuti conoscere e apprezzare. Lasciamo ai lettori il piacere di scoprirne il contenuto, frutto di una ricerca meticolosa, di una cura nella ricostruzione storica e soprattutto di una passione che li animava dal profondo per promuovere la conoscenza a ogni livello, in particolare quello locale. Una testimonianza di tale dedizione la si ritrova nelle pagine di Raffaele Occhi, che pennella la figura di Elio con grazia e con riconoscenza, ricostruendo i passaggi della sua vita e offrendo ai lettori momenti di intimità che rendono ancora più penetrante il contributo dato da questo verace furiccio alla sua valle.

Segue un’affascinante digressione araldica di Gianfranco Rocculi, che ci proietta nel mondo del ducato visconteo-sforzesco e segna il punto sull’importanza che l’Alta Valle ebbe a cavallo tra Medioevo e Rinascimento con la corte di Milano: i graffiti superstiti indagati dall’autore a Bormio e a Mazzo sono espressione sopraffina di arte, gusto e potere, nonché testimoni delle relazioni interessate tra i due mondi.

Ilario Silvestri aggiunge un tassello agli studi già pubblicati sull’uso e la disciplina delle fontane, con un documento cinquecentesco riguardante la fontana di Buglio, reparto che deriva il suo nome proprio dal manufatto da cui sgorgava l’acqua (bui in dialetto bormino).

Siamo abituati a sentir parlare di soldati mercenari, assai meno – invece – di preti mercenari, forse perché associamo l’idea a qualcosa di negativo… Arno Lanfranchi ci fa rivalutare questo termine applicandolo anche agli ecclesiastici che, privi di risorse economiche, cercavano impiego quali salariati per garantire la cura d’anime al posto dei beneficiati; di qui prende le mosse la storia del prete Pietro Rossi, in bilico perenne tra ortodossia riformata e cattolica, tra gloria e disonore.

Enzo Giacomelli e Franca Prandi continuano lo studio sugli Statuti di Sondalo, la cui prima parte è stata pubblicata nel precedente Bollettino, mentre Lorenza Fumagalli apre una finestra sul nostro possibile futuro, con il grandioso progetto de “La Casa Magica” destinato – se realizzato compiutamente – a far diventare l’Alta Valle un centro culturale unico in tutte le comunità locali alpine.

La chiesa parrocchiale di Cepina è al centro dello scritto di Costantino De Monti, ricercatore per diletto animato da una vivida passione per la propria terra e per la sua storia: dall’archivio parrocchiale estrapola una serie di eventi legati alla piccola quotidianità e annotati dai vari parroci, a partire da alcuni lavori eseguiti nel 1503, anno di fondazione della parrocchia.

La nobile famiglia Omodei, di origine lariana, si stanziò in Valtellina e a Sernio fece costruire nel Seicento un grandioso palazzo, che – come ci rivela Gianluigi Garbellini – sorprende per opulenza, raffinate decorazioni interne e vastità di spazio verde.

Di ambientazione bellica i contributi di Gloria CamesascaCristina PedranaDaniela Valzer e Stefano Pruneri: la prima ci porta alla seconda guerra di indipendenza con un’appassionante orazione dell’allora arciprete Tommaso Valenti, che insieme a tanti altri ecclesiastici si prodigò alacremente per la causa italiana; il secondo scritto ritorna sulla figura di Tullio Urangia Tazzoli, insuperato autore de “La Contea di Bormio”, attraverso un diario inedito sul fronte del Pasubio, in cui il Tazzoli condensa quello che sulla base della sua esperienza può essere il senso della guerra e della morte in guerra; nel terzo articolo si propone il ritratto di un caduto cepinasco perito in Prussia nel 1945, che attraverso le sue testimonianze documentarie racconta la parabola che molti ragazzi nel fiore degli anni dovettero subire tra il 1942 e il 1945, partendo dalla chiamata alle armi sino ai mesi successivi alla Liberazione, in mezzo a privazioni, morte, stenti e struggente nostalgia; il quarto brano ci porta in valle delle Mine, dove nell’aprile 1945 si schiantò un bombardiere americano che trasportava rifornimento per i partigiani e gli agenti alleati da paracadutare in loco.

Anna Lanfranchi e Sara Perotti ci offrono un’ulteriore conferma dell’irresistibile fascino che la strada dello Stelvio sapeva infondere già nell’Ottocento ai suoi sempre più numerosi turisti, estimatori non solo della bravura costruttiva ingegneristica ma anche del vigoroso spettacolo offerto dalla natura.

Ancora Daniela Valzer affronta il tema goliardico del Carnevale, non quello ben noto di Bormio (il Carnevale dei Matti), ma quello meno conosciuto di Cepina che si esplicava nel cosiddetto “processo all’ómen del bóšch”.

L’infaticabile Giuseppe Cola, nel suo peregrinare tra monti e valli, ha riportato alla luce i resti di gallerie e strutture che nella zona della Miniera (val Zebrù) erano state interessate da campagne di scavo per un potenziale sfruttamento dei giacimenti minerari. L’auspicio è che tali testimonianze, ormai fatiscenti, possano essere recuperati e valorizzati, tanto più che giacciono all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio e in prossimità di ragguardevoli resti della Grande Guerra.

Anna

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